lunedì 7 maggio 2007

Giordano richiama al lavoro

Il segretario del Prc affonda la proposta di Mussi sul «partito unico della sinistra» e propone l'«unità d'azione» su welfare e pensioni. Nel «cantiere» è il giorno delle paure
Matteo Bartocci, Roma, da "il manifesto", martedì 1 maggio 2007
Per le forze della sinistra serve «un patto di unità d'azione centrato sul lavoro che realizzi dalla pratica dell'oggi la soggettività unitaria del domani». Con un editoriale che uscirà oggi su Liberazione Franco Giordano prova a sciogliere i dubbi sul «cantiere» della sinistra che verrà e chiede a tutti di partire dalle cose da fare. Rovesciare i termini del discorso come hanno fatto i sindacati in passato e come hanno fatto i movimenti da Seattle in poi. Con al centro il lavoro, tanti soggetti diversi che convergono sui problemi e sulle possibili soluzioni e provano a camminare sulle gambe e non sulla testa. Un approccio pragmatico (concordato con Bertinotti) a due livelli. Nell'immediato fa di lavoro e welfare una questione di «identità politica» dell'Unione, cioè una linea del Piave da non oltrepassare. «Qualcosa dal governo è stato fatto - scrive Giordano - ma siamo lontani dal necessario: per aprire la stagione del risarcimento sociale bisogna ricostruire una centralità del lavoro. E non ci ha convinto la ripartizione di Padoa Schioppa tra risanamento e redistribuzione». D'altro canto rimanda a un imprecisato domani la necessaria «innovazione culturale» per dribblare le dispute identitarie che rischiano di azzerare il «cantiere» prima ancora che inizi i suoi lavori: contratti, «tesoretto», pensioni, welfare, «la sinistra», se c'è, si mostri da qui. Non per frenare ma certo a via del Policlinico non è piaciuto l'auspicio del «partito unico» con cui domenica scorsa Mussi ha concluso il suo atteso intervento all'assemblea di «Uniti a sinistra». Appuntamento organizzato da Pietro Folena e Aldo Tortorella che ha annunciato entro l'autunno gli «stati generali della sinistra» e lanciato un «movimento» trasversale che propone tra l'altro le primarie per tutte le candidature e le funzioni di direzione, l'assoluta parità uomo-donna, «quote sociali» minime di lavoratori-lavoratrici e la volontà di andare alle prossime europee «almeno con un'unica lista».Dal ministro della ricerca una mossa applaudita in sala ma che ha generato a margine più di qualche malumore in chi un partito già ce l'ha, come Prc e Pdci, e teme che i fuoriusciti dai Ds si candidino a dirigere da colonnelli la «cosa» che verrà senza avere i soldati. La sinistra Ds, d'altra parte, chiede un «big bang» che consenta a tutti di partire da zero, ha paura di essere inglobata dentro Rifondazione senza poter contare granché. Lo dice apertamente l'«angiusiano» Alberto Nigra: «Lavoriamo a un Ulivo della sinistra aperto ai socialisti e non per una izquierda unida, per una sinistra più larga, non una sinistra radicale». Tutto intorno c'è di tutto. Cossutta si sbilancia su un «portavoce unico» che dà l'orticaria. Lo Sdi di Boselli vigila e pretende che la «nuova forza a sinistra faccia parte della famiglia socialista europea». Il Pdci ha chiuso il suo congresso a Rimini invitando a costruire un soggetto «unito e plurale» (ossimoro?) che teme gli occhiolini tra socialisti e punti alla federazione tra partiti cara a Diliberto fin dal 2001 (ma ci sarà un motivo se da allora non ha convinto i più). Pietro Folena ha paura di essere scavalcato dall'ex correntone nel suo ruolo di pontiere e gran tessitore. E tutte ipotesi - partito unico e federazione - che dal Prc giudicano con pacatezza semplicemente «improponibili». Perché «non esiste che ci mettiamo a rifare il Pci o il Psi». Tanto più in un'epoca che, per dire, non ha più nel sindacato una «cinghia» a cui riferirsi e che deve interrogarsi a fondo sulla crisi della democrazia e quindi anche sulla crisi dei partiti del Novecento. L'ipotesi di «fusione fredda» tra gruppi dirigenti e di scioglimento dei partiti esistenti viene giudicata dai vertici di Rifondazione troppo simile alla nascita del Pd. «La sinistra, cioè partiti, collettivi studenteschi, associazioni, movimenti, comitati cittadini, centri sociali, comunisti, socialisti, ambientalisti, femministe, altermondialisti concorreranno ciascuno per la sua parte a costruire qualcosa di più, e per farlo non serve un soggetto, servono i predicati», chiosano con garbo a via del Policlinico. Anche se il «patto di consultazione» dei gruppi parlamentari è stato siglato in meno di due giorni e l'invito più diffuso è «a fare in fretta», nel «cantiere» aleggiano visioni per ora difficilmente conciliabili tra loro. E tante paure umorali più che reali, di vertice più che di militanti o semplici «simpatizzanti» in carne e ossa. Il segretario di Rifondazione ha ragione: basta alibi. Ma valga per tutti.